Ripartiamo da Liverpool Street Station. Ma prima facciamo un passo indietro, anzi, un balzo in alto… Volando verso London Stansted mi sono goduta un’incredibile vista del Canale della Manica: conoscete il detto “Nebbia sulla Manica, CONTINENTE ISOLATO”? La dice lunga sugli Inglesi, soprattutto in questi tempi di Brexit. E guardando dal finestrino le coste della Francia, mentre iniziavano a spuntare quelle dell’Inghilterra, non ho potuto fare a meno di pensare, con rammarico, che quella non dovrebbe più essere Europa.
Atterrati in aeroporto e passati i controlli all’UK BORDER, in un attimo mi sono trovata a bordo di uno stipatissimo Stansted Express; accanto a me due ragazze italiane, giovani, la prima volta a Londra: ascolto fingendo di non essere una connazionale, mentre elencano le tappe del loro viaggio. Vengono a vederla per la prima volta, mi perdo nel loro entusiasmo mentre percorriamo rapidamente la verdissima campagna a nord della città -per alcuni tratti sembra di stare in una fiaba, tra ruscelli, pecore e cavalli- fino a raggiungere Liverpool Street Station, una stazione ferroviaria bellissima che ti dà il giusto benvenuto a Londra, con il suo stile tipicamente retrò.
Come vi ho anticipato, è stata la Central Line il fil rouge (è proprio il caso di dirlo, trattandosi di linea rossa) di questo viaggio, e la prima tappa è stata la centralissima stazione di Oxford Circus: uscendo dalla stazione eccomi a Londra, ancora una volta, sospiro e sorrido.
Mi trovo all’incrocio di due gigantesche arterie come Oxford Street e Regent Street, il cuore pulsante dello shopping… e a proposito, incamminandomi verso l’hotel, noto quanto è facile vedere gli stessi, identici, negozi di tante altre città del mondo: è possibile che io sia in centro a Londra ma pensi di trovarmi in corso Buenos Aires a Milano? Mi basterà però svoltare l’angolo in una delle varie viuzze defilate per accorgermi che ho parlato troppo presto. Proprio poco al di là di queste strade Londra è prontissima a sorprenderti e ad abbracciarti con la sua estrosa identità: penso a Great Castle Street, una bella via con alti alberi dove mi fermerò la sera ad aspettare la cena take-away fuori da Yoobi Sushi, o a Wardour Street all’angolo con Meard Street, via pittoresca (contrariamente a quanto si possa pensare dal nome) dove leggo un ben augurante coming soon sulle vetrine di quello che diventerà un Ben&Jerry’s, la famosa catena di gelaterie del Vermont negli Stati Uniti. Sapete che a Waterbury VT, nella sede di questo colosso dei gelati, esiste anche un vero e proprio cimitero dei gusti che non producono più? Ma questa è un’altra storia…
Raggiungo l’hotel, il cui interno supera di gran lunga le preoccupanti aspettative di una misera facciata: sono al Sanderson in Berners street, un hotel progettato da Philippe Starck. Faccio velocemente il check in e scambio una rapida chiacchierata con i simpatici concierge (solo dopo dieci minuti in inglese e l’immancabile Are you from Spain? capiremo di essere entrambi italiani). La camera è bellissima, con una sorta di mini cabina armadio nella sala bagno che mi permette di ricreare il mio armadio di casa: svuoto lo zaino, appendo i miei due completi per questi giorni e dispongo gli accessori sulle mensole.
Il tempo di una doccia e mentre mi riposo un attimo su un comodissimo letto XXL in un accappatoio XXL decido il da farsi affidandomi a Google Maps, che è stato il mio grande compagno di viaggio aiutandomi a calcolare i percorsi a piedi o con i mezzi pubblici. E che mi ha confermato che, se io vado a destra e quando la pallina blu dovrebbe andare a sinistra, il mio senso dell’orientamento non debba MAI affidarsi al mio istinto ma alla scienza, alla cartografia, o a un buon GPS.
Ho la fortuna di risiedere in una zona davvero servita dai mezzi e muoversi è facilissimo; è già metà pomeriggio, i negozi non chiuderanno tra molto e decido di dirigermi verso un luogo davvero particolare che da tempo volevo visitare, e che tra l’altro non è lontano dal mio hotel. Si tratta del Dover Street Market, il (super) concept store nato dalla mente di Rei Kawakubo, la stilista giapponese di Comme des Garçons, recentemente trasferitosi ma-guarda-che-caso nello storico palazzo eretto da Thomas Burberry nel 1912 nel cuore di Mayfair al 18-22 Haymarket (forse avete nell’armadio una borsa in Haymarket Check e state pensando eccoperchésichiamacosì?).
Rispetto ai locali nella celebre strada che gli ha dato nome, nella nuova location gli spazi sono triplicati, e in un susseguirsi di piani in cui avventurarsi a piedi o in un curioso ascensore troverete di tutto, dalla splendida gioielleria (ho lasciato il cuore su almeno 5 vetrine) all’abbigliamento di designer internazionali, molti famosissimi, molti sconosciutissimi, molti discutibilissimi, ma tutto è disposto secondo un “Beautiful Chaos” in modo del tutto strambo e sempre divertente tra specchi che diventano armadi che diventano tavoli, mobili fusi tra loro, corner e vetrine e luci e colori. All’ultimo piano, oltre al bakery e all’esposizione, c’è un micro corner pulizie per la casa con delle spazzole talmente belle che mi viene voglia di comprarle: me ne vado invece con una maglia a righe a manica lunga (se le maglie a righe fossero quotate in borsa sarei un’azionista di livello) con un cuoricino rosso, ricamato, dagli occhi a mandorla. E sono proprio contenta.
Con il mio nuovo acquisto subito indossato risalgo verso nord passeggiando in Piccadilly Circus con foto d’obbligo al Cupido che in realtà non è Cupido ma “The Angel of Christian Charity”; è stranissimo non vedere i display pubblicitari, iconico simbolo di Londra quasi quanto il Big Ben, accesi: sono in ristrutturazione dall’inizio dell’anno, ma dovrebbero tornare a brillare in Autunno.
Inizio ad aver fame e sulla strada verso Liberty, la mia prossima tappa, mi imbatto in WholeFoods: io avrò pure una passione incondizionata per i supermercati (e per il cibo, ça va sans dire, credo l’abbiate notato), ma questo è PAZZESCO, con la sua incredibile quantità di prodotti, tutti rigorosamente organic (biologici), e ampia zona take away. Cosa si diceva di Londra? Che si mangiava male? Forse vent’anni fa. Ora si mangia bene, benissimo dappertutto e a qualsiasi orario, e per celebrare questo casuale incontro con Whole Foods dopo il primo americano a Washington nell’Ottobre dell’anno scorso –fu amore a prima vista– mi compro una bottiglia di acqua Fiji e i prawns-con-cocktail-sauce che sono very USA e mi mangio questa merenda sui tavolini della bella strada lastricata Glasshouse Street, lottando con un piccione molto interessato a me e credetemi, quel piccione è ancora lì. E se non mi credete, cliccate qui (fa anche rima)
to be continued
See you very very soon, Venerdì, Boys and Girls delle meraviglie
Didi